Chiariamoci le idee una volta per tutte

Tra le grandi criticità del progetto di metanizzazione della Sardegna, quella che colpisce di più è stata la mancata presentazione alla popolazione e di conseguenza un serio e approfondito dibattito pubblico. Questo ha creato moltissima confusione, non solo tra la gente, ma anche nella classe politica, che prima ancora di avviare l’iter autorizzativo, avrebbe dovuto studiare le criticità. In molti ancora non conoscono la semplice differenza che passa tra dorsale, depositi costieri e rigassificatori. Si parla spesso solo della dorsale come fosse l’unico progetto, quando in realtà è un’unica grande opera volutamente spezzettata sia per una valutazione d’impatto ambientale ma anche emotivo.

Di questo caos energetico molta responsabilità l’hanno anche i quotidiani locali. Che oltre a portare avanti la stessa visione, cioè quella dei favorevoli al progetto, spesso e volentieri, hanno pubblicato notizie, anzi veri e propri slogan senza verificarne le fonti. Come quella che i sardi pagano la bolletta più cara rispetto al resto del paese.
Fatto non vero, dal momento che il prezzo è regolato dal PUN (prezzo unico nazionale) che determina le stesse tariffe per tutti.

E’ mancata anche una semplice indagine esplorativa di mercato per capire in quanti saranno disposti a fare l’allaccio alla rete del gas.

E aspetto ancora più grave, non c’è traccia di un’analisi di impatto sulla salute e sui costi sanitari. Il metano è un combustibile fossile climalterante, la cui combustione sprigiona sostanze come metalli pesanti, diossine, IPA e particolati fine. Con impianti che andranno a insediarsi in zone già gravemente compromesse dal punto di vista ambientale e specialmente della salute.

Questo del metano è un progetto che arriva fuori tempo massimo, titanico e sovradimensionato che prevede la costruzione di un metanodotto di 700 km circa che con varie diramazioni, da Cagliari a Porto Torres, dovrebbe portare il gas nelle case dei sardi e una serie di depositi costieri e rigassificatori nei principali porti dell’isola.

Un progetto fortemente voluto anche dal Governo Regionale attuale in perfetta sintonia con quello uscente. Ci eravamo illusi di aver perso le tracce della vecchia assessora all’industria ed ecco che la nuova non è diversa dalla vecchia, che con il beneplacito di Confindustria e CGIL, senza nemmeno, a detta sua, aver letto il progetto, si dichiara favorevole. Ma quello che unisce Maria Grazia Piras, Anita Pili, Confindustria e sindacati è la stessa visione ottocentesca di pensare che senza energia non ci potrà essere sviluppo. Visione smentita dai dati e dalla storia. In Sardegna l’unica cosa che non manca è proprio l’energia, tanto da esportarne in quantità. Quello che invece non abbiamo è il lavoro e lo sviluppo, ma soprattutto manca una visione contemporanea e sostenibile rispetto a temi cosi importanti.

Che questo sia un progetto vecchio e obsoleto lo si evince dalla prime pagine che la Snam, la proponente, ha presentato al Ministero dell’Ambiente. Infatti si fa riferimento all’Agenda XI (Lisbona 1993), uno dei primi incontri dove si redigevano le linee guida sui cambiamenti climatici. Altro e ultimo riferimento è il Protocollo di Kyoto (1996). Ben 26 anni sono passati, dove il mondo per certi aspetti è migliorato, per quanto riguarda i cambiamenti climatici è certamente peggiorato. Tanto che da allora a oggi, altri incontri sono stati fatti, molto più recenti ed efficaci, come la COP 21, Parigi 2015. Accordi che l’IPCC, il comitato scientifico che lavora per le Nazioni Unite, ha considerato blandi, figuriamoci quelli di Lisbona del 1993. Ma la stessa SEN (Strategia Energetica Nazionale) prevede la dismissione del 40% dei combustibili fossili entro il 2030 e l’80% entro il 2050.

Fortunatamente ci sono i giovani studenti, che al contrario dei governi, sostengono fortemente le tesi degli scienziati. E nonostante le incursioni di multinazionali come Italgas e Eph nelle scuole di Sassari, per parlare della bontà dei combustibili fossili, venerdì 24 maggio hanno scioperato per il clima anche per dire no al progetto di metanizzazione della Sardegna, a Sassari come a Cagliari, Olbia e Oristano.

Se da un lato i governi prendono tempo, lo stesso capitale tenta la svolta green. Multinazionali come Apple, Starbucks, Zuckerberg certificano il loro approvvigionamento energetico da fonti 100% rinnovabili. Il Canada ha dichiarato lo stato emergenza climatica, esempio seguito da altre città europee. E nell’America di Trump si fa sempre più strada la proposta di un Green New Deal che prevede importanti investimenti su lavoro e ambiente. In Inghilterra, grazie anche alle forti pressioni di movimenti come Extinction Rebellion e Fridays For Future, sono state spente tutte le centrali a carbone per un’intera settimana, per la prima volta dal 1882.

Nel frattempo in Sardegna, non solo si contravvengono gli accordi di Parigi sul clima, ma si fa ricorso al Tar per scongiurare lo spegnimento delle centrali a carbone di Fiume Santo e del Sulcis e si opta per il metano come combustibile fossile di transizione, che andrà ad aggiungersi a quell’ 80% di combustibili fossili già presenti. Considerato che la Saras il suo combustibile se lo produce in casa e non vi rinuncerà. Perciò gli unici alleati che ci sono rimasti sono gli alberi, noti per la loro capacità di assorbimento della Co2. Ma la realizzazione della dorsale, solo per il tratto centro-nord (Macomer-Porto Torres) prevede, tra le altre cose, l’abbattimento di 5.000 piante.

Il lavoro e lo sviluppo, sono lo specchietto per le allodole che viene usato per farci digerire l’ennesima opera calata dall’alto e anche questa volta, come per la Chimica Verde, rimarremo a bocca asciutta. Le maestranze la Snam le porterà fuori, salvo piccoli interventi di supporto a tempo determinato. I costi delle bollette per i sardi non diminuiranno e ci troveremo costretti a sobbarcarci parte dell’enorme investimento che si aggira intorno al miliardo e mezzo di euro, una cifra enorme che di fatto servirà a rimandare il futuro dell’isola ad altri trent’anni, quando la soluzione esiste ed è già a portata di mano.

Altra grave mancanza è stata una seria valutazione costi-benefici. Il fallimento delle reti cittadine nelle città di Cagliari, Sassari e Oristano avrebbe dovuto far riflettere.
Italgas dopo l’acquisizione di Medea ha reso noti i dati su Sassari dai quali si evince che sono solo 13.000 le unità abitative che hanno fatto l’allaccio per l’aria propanata, rispetto ad altre 30.000 che avrebbero potuto farlo. Numeri significativi dei quali bisognava tenere conto prima di fare altre reti cittadine e specialmente prima di pensare di metanizzare la Sardegna.

Ma le ragioni di questo fallimento annunciato sono molto semplici e sono legate all’allaccio della rete, che prevede la rimozione del vecchio impianto, la costruzione di nuove tubature interne e esterne, nuovi contatori e impianti ex novo. Costi che ricadranno sull’utente e che porteranno molti a lasciar perdere.
Ma lo stesso Pears (Piano Energetico Regionale Sardo) ci parla di un 50% di sardi che usufruisce dell’elettrico per l’energia termica ad uso abitativo: acqua calda, cottura dei cibi e riscaldamento. Anche di questo dato si sarebbe dovuto tenere conto per stimare il fabbisogno energetico dell’isola.

Insomma tutto fa pensare a un ritorno al passato. E se quarant’anni fa l’uso del metano ci avrebbe fatto risparmiare tante emissioni, oggi si potrebbe vedere questa mancanza in modo positivo, dal momento che ci permetterebbe di fare un salto nel futuro nell’immediato presente.

Le energie rinnovabili in una logica di autoproduzione e autoconsumo sono a portata di mano e molto più competitive. I sistemi di accumulo non sono da inventare, esistono e sono efficienti. Come l’impianto termodinamico e fotovoltaico di Ottana o i sistemi di accumulo naturali come le dighe turbinate che, grazie ai sistemi di pompaggio, sopperirebbero le fluttuazioni delle rinnovabili e inserirsi quando queste non producono. Ma queste sono possibilità di cui anche Terna parla. Che l’elettrico sia molto più conveniente rispetto al metano è un dato inconfutabile scritto nero su bianco nello stesso Pears.

Quel gap energetico di 400 milioni di euro che i sardi pagano non è altro che il risultato di un confronto tra il prezzo del GPL e il prezzo del GNL. Ma il vero confronto andrebbe fatto con l’elettrico che risulta molto più competitivo. Se a questo dovessimo aggiungere un impianto solare, il vantaggio diventa schiacciante.
Ma d’altronde se il metano convenisse, l’Eurallumina non avrebbe optato per l’intollerabile scelta riprodurre energia termica dal carbone.

Le centrali a carbone di Fiume Santo e del Sulcis domani stesso potrebbero essere spente come anche il Pears ci ricorda. Già in passato quella di Portovesme è stata ferma per manutenzione e nessuno, salvo gli addetti ai lavori, lo ha saputo.

A meno che l’obiettivo non sia un altro, far si che i sardi abbandonino l’elettrificazione dei consumi per passare al gas metano e lasciare più energia da esportare in continente e nel resto d’Europa. Non a caso si parla di nuovi elettrodotti e di centrali a gas. Ma lo stesso ad di Terna Luigi Ferraris ha dichiarato testuali parole “ il sud, isole comprese, deve esportare energia verso il nord dove i consumi sono maggiori anche a causa dello spegnimento delle centrali termoelettriche che è già avvenuto”.

Per concludere questa del metano non è altro che l’ennesima servitù che sacrifica la Sardegna in termini di costi economici, ambientali e sulla salute. Anche perché la richiesta massima di energia durante la giornata non giustifica un parco elettrico di quella potenza, basta vedere la sovradimensione dei depositi costieri e rigassificatori per comprenderne la portata. Tutta quell’energia immessa in rete diventerebbe pericolosa. La rete sarebbe stressata per tutto quel sovraccarico, non basterebbero due cavi Saipei per buttarla fuori.

Ragione per cui bisogna dismettere immediatamente le centrali a carbone e muoverci non nell’ottica di produrre energia ma di creare reti di distribuzione per centri urbani e paesi. Un’energia tarata sui nostri bisogni, sostenibile per tutti.

Share with:


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *