Perché i comuni sardi non deliberano contro la metanizzazione?

Altro che nuovo corso energetico, la Regione punta su carbone e metano, ignorando le richieste avanzate dall’ANCI. Perché, allora, le amministrazioni comunali dell’Isola non lanciano un segnale politico chiaro, adottando la delibera contraria alla metanizzazione e a favore di un sistema energetico realmente green proposta dal Comitato No Metano e da ISDE – Medici per l’Ambiente Sardegna? Olzai e Villanovaforru l’hanno già fatto.

L’ANCI – Sardegna si appella alla Regione affinché questa assuma un ruolo di guida nella lotta al cambiamento climatico. Tra i passaggi più importanti del documento, “la richiesta di valutazioni più attente sul prolungamento dell’utilizzo delle centrali a carbone e sulla dorsale del metano di cui ancora non sono chiari i contorni, le incidenze e le ricadute”. Il documento parla anche della necessità di inaugurare un nuovo corso energetico basato sulle rinnovabili che trasformi la Sardegna in un polmone verde.

Il caso ha voluto che a due soli giorni di distanza dall’appello gli assessori della giunta Solinas abbiano diffuso alcune schede relative alle attività svolte durante i primi 100 giorni di mandato. Tra le altre cose, la giunta rivendica proprio il tentativo di posticipare la dismissione delle centrali a carbone oltre il 2025. L’altra parola chiave è “metano”, tema su cui la Regione è intervenuta a più riprese nell’ultimo periodo. L’attuale esecutivo sardo sposa in pieno il programma di metanizzazione della precedente giunta Pigliaru (depositi costieri, rigassificatori, dorsale sarda e reti cittadine) e, anzi, rilancia con nuovo metanodotto sottomarino Sardegna-Penisola.

Detto con una battuta, la giunta non ha orecchie per ascoltare proposte che si discostino dalla stretta osservanza del culto dei combustibili fossili.Insomma, sembrerebbe esistere una differenza di fondo tra comuni e Regione, tra chi sta nei territori e chi sta tra il palazzaccio di Viale Trento e il palazzotto di Villa Devoto. Va da sé che gli appelli lasciano il tempo che trovano. Stando così le cose, perché l’ANCI non favorisce l’adozione della delibera contraria alla metanizzazione proposta dal Comitato No Metano Sardegna e da ISDE – Medici per l’Ambiente Sardegna e già adottata dalle amministrazioni comunali di Olzai e di Villanovaforru?

La strada della difesa dell’ambiente e di un rinnovato utilizzo del territorio da parte delle comunità che vi abitano è certamente la via maestra. E i comuni possono e devono essere protagonisti nella costruzione di un nuovo modello che non è solo energetico, ma più in generale sociale ed economico. E allora i comuni battano un colpo subito, favorendo il dibattito all’interno dell’ANCI, promuovendo essi stessi il confronto all’interno delle comunità, intervenendo nei diversi procedimenti di valutazione d’impatto ambientale aperti presso il Ministero dell’Ambiente. Lancino i comuni un segnale politico chiaro che bocci l’intero programma di metanizzazione e non solo il metanodotto: si passi dalle parole ai fatti.

A proposito del metanodotto, va ricordato che i lavori per la sua realizzazione interesseranno centinaia di fondi coltivati (uliveti, vigneti, seminativi, colture orticole, seminativi e aree destinate a pascolo) e decine di ettari di aree boschive (con annessi tagli), interferendo con la normale attività agricola e l’equilibrio degli ecosistemi naturali. La servitù contratta dai fondi coinvolti dal passaggio dell’opera porterà inoltre ad una perdita di valore dei terreni. Non si può escludere il rischio di impatti sulle falde che alimentano i pozzi e le sorgenti. Sono inoltre previste decine di attraversamenti fluviali in aree contraddistinte da pericolosità idraulica molto elevata (HI4), senza un’esaustiva verifica dell’adeguamento dei PUC al PAI. Sono decine, inoltre, i terreni destinati ad uso civico di cui si chiederà il cambio di destinazione per la costruzione della dorsale.

Sono in tutto 73 i comuni direttamente coinvolti dal passaggio del metanodotto. Il discorso non si esaurisce qua, ma questo è già sufficiente per opporre un no deciso a quest’opera.

Le criticità legate alla realizzazione del metanodotto sono forse più evidenti rispetto alle problematiche connesse alle altre infrastrutture. Ma non bisogna dimenticare che depositi costieri, rigassificatori, reti cittadine e nuove centrali a metano fanno parte dello stesso disegno. La questione generale è che il pianeta non può oltremodo tollerare la combustione dei fossili. Ed il metano – ce lo dicono gli scienziati – è un gas climalterante addirittura più efficace della Co2 nel favorire il riscaldamento globale.

Eppure, governi e grandi trust economici si organizzano per prolungarne l’utilizzo e trasformare la Sardegna in un grande centro di stoccaggio del gas al centro del Mediterraneo. In linea con questo progetto, la nostra Isola è inoltre chiamata ad intensificare il suo ruolo di esportatrice di energia elettrica. Questa è la dimensione locale del problema, a cui si deve aggiungere il fatto – non trascurabile – che vogliono farci pagare il gas a prezzi elevatissimi. Insomma, la narrazione del gas associa a questo combustibile grandi vantaggi economici, ma questo non è assolutamente vero (l’elettrificazione dei consumi, anche nel caso in cui il prezzo del gas sardo sia uguale al prezzo medio praticato nella penisola, è sempre conveniente). Lo abbiamo dimostrato in varie occasioni.

Anche qui il discorso sarebbe molto più lungo e noi non ci stanchiamo di farlo, ma la domanda è: i comuni sono disposti ad approfondire l’argomento, valutare e agire?

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