Christian Solinas folgorato sulla via del gas

Un groviglio di infrastrutture che può stritolare la Sardegna. Con il via libera del suo Presidente.

Durante la campagna elettorale Christian Solinas aveva scelto una linea attendista. Ne faceva soprattutto una questione di tempi: l’inizio dei lavori per la realizzazione del metanodotto nel 2020 avrebbe posticipato i benefici effetti del gas troppo in là nel tempo. Per questa ragione si esprimeva a favore dei depositi costieri, dando così sfogo al rivendicazionismo d’antan che affligge la classe politica sarda.

Ora, invece, dopo l’incontro con la Snam, il 2020 va benissimo. Come se non bastasse, Solinas annuncia anche un nuovo metanodotto sottomarino Sardegna – Penisola che dovrà essere costruito dopo il rodaggio della dorsale sarda. Dal “lascia” si è passati al “raddoppia”. Questa le notizie diffuse da La Nuova Sardegna lo scorso 26 giugno, giornale che ha assunto la missione storica di portare il metano sull’Isola (il rivendicazionismo è un problema culturale a tutto tondo).

La questione principale – a nostro avviso – non sono le giravolte funamboliche del politico di turno che si rimangia quello che ha detto in campagna elettorale. Ci si può stupire di qualcosa che è diventato norma? Il vero problema è che il sistema di infrastrutture comprese nel programma di metanizzazione (depositi costieri, rigassificatori, dorsale, reti cittadine, il nuovo metanodotto Sardegna-Continente, le due centrali a gas che non vanno viste separatamente dal nuovo elettrodotto Sardegna-Sicilia – Continente) non faranno altro che intensificare, portandola all’estremo, la servitù energetica che grava sulla nostra terra, destinata a diventare un crocevia internazionale del gas. A meno che i sardi non si oppongano a questo disegno.

Ma andiamo con ordine. L’articolo de La Nuova lascia ad intendere che in un primo momento il gas arriverà in Sardegna attraverso navi gasiere dal rigassificatore (quale?), successivamente attraverso il nuovo metanodotto sottomarino. Tuttavia questa ipotesi sembra poco credibile. Ci sono, infatti, degli elementi oggettivi che fanno pensare ad un flusso opposto ovvero dalla Sardegna al Continente. Come abbiamo più volte ricordato, i depositi costieri previsti in Sardegna (per inciso, l’Ivi Petrolifera ha chiesto l’autorizzazione per un nuovo deposito con annesso rigassificatore in quel di Oristano) hanno una capacità di movimentazione di gas superiore da 2 a 18 volte il presunto fabbisogno isolano. La variabile decisiva è – ancora una volta – l’Eni a cui la Regione attribuisce un deposito costiero con annesso rigassificatore da 45.000 o da 165.000 mc/Gnl ( il progetto non è ancora stato presentato). Per intenderci, la Sardegna potrebbe arrivare a movimentare oltre 9 miliardi di metri cubi di gas (il Tap ne movimenterà 10 miliardi!) rispetto a un fabbisogno stimato dal Piano Energetico Regionale in 460/900 milioni di metri cubi a seconda degli scenari di sviluppo.

Questa è, se vogliamo, la faccia più evidente della servitù (una servitù, per inciso, che alimenta lo sfruttamento di altre aree del mondo dove il gas viene estratto). Ma i meccanismi sono più sottili. Ad esempio, non ci viene detto che le due nuove centrali a metano sono concepite essenzialmente per l’esportazione di energia elettrica attraverso gli elettrodotti esistenti e il nuovo che si vuole costruire. Eppure Terna lo afferma esplicitamente nel Piano di Sviluppo 2018. Il punto è questo: secondo gli scenari di Terna, in un futuro molto ravvicinato, le vecchie centrali a carbone sarde non produrranno più a prezzi competitivi. Se si considera che il flusso delle esportazioni è determinato, oltre che da vincoli tecnici, anche da criteri di economicità (l’energia si muove dal luogo in cui costa meno a quello in cui costa di più), i costi non competitivi delle centrali a carbone finiranno per determinare un aumento dell’energia importata in Sardegna. Ma questo significherebbe azzerare la produzione delle centrali a carbone e limitare l’export dalla Sardegna verso il Continente. Terna trova la soluzione al “problema” (una situazione che per la Sardegna potrebbe essere addirittura vantaggiosa) nella realizzazione di due nuove centrali a gas.

Che il nuovo elettrodotto debba servire le zone in cui si consuma più energia elettrica lo dice, senza giri di parole, l’ad di Terna in audizione alla Commissione delle attività produttive della Camera, riproponendo il vecchio schema di sfruttamento coloniale Nord-Sud.

Non c’è solo questo: a dispetto di quanto ci viene raccontato, l’arrivo del metano non sancirà la fine delle centrali a carbone. La levata di scudi contro l’addio al carbone da parte della nuova classe notarile sarda (e da parte dei sindacati e di Confindustria, che invece conducono una battaglia di ceto – stessa battaglia stesso ceto) ce lo conferma. A nostro avviso, l’addio al carbone non pone un problema di sicurezza del sistema energetico sardo, ma piuttosto sancirebbe la fine di una posizione di rendita per ENEL e EPH. Dall’altra parte, queste società non possono eludere la perdita di competitività dei loro impianti. Ecco perché Enel si associa ad Eurallumina, ecco perché Solinas sostiene che l’addio al carbone crea problemi a chi ha deciso di investire in Sardegna (dal nostro punto di vista si tratta di investimenti non auspicabili).

Capito il gioco? Noi dovremmo bruciare un gas particolarmente caro, rinunciando all’elettrificazione dei consumi – ipotesi che ci consentirebbe di risparmiare – , per favorire l’elettrificazione altrui. In più, secondo i nostri politici illuminati, dovremmo tenerci le centrali a carbone e aggiungere quelle a gas per inviare più energia elettrica possibile verso il Continente, con l’effetto di aumentare l’impatto di emissioni nocive per l’ambiente e la nostra salute.

La nuova servitù è molto più di un Giano bifronte. Per la SNAM, la disponibilità di una rete di trasporto del gas naturale dovrebbe attivare – anche in Sardegna – lo sviluppo del biometano, rafforzando ulteriormente il ruolo della Sardegna come piattaforma energetica.

Non è un caso che la Snam espliciti questo punto: il settore del metano ottenuto a partire dalla digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi industriali o biomasse di origine vegetale come mais, sorgo, triticale o scarti forestali conosce un momento di forte espansione in Itala anche per effetto dei forti incentivi di cui dispone il settore (senza i quali non si reggerebbe). E, difatti, non è un caso che proprio la SNAM abbia acquistato lo scorso luglio il 70% di Ies Biogas, azienda leader nella produzione di impianti per la produzione di biometano.

Su questo aspetto interverremo in maniera più puntuale prossimamente. Per il momento ci limitiamo ad evidenziare che la produzione di biometano da rifiuti organici non è un processo efficiente nel recupero della materia organica e nel contenimento delle emissioni di CO2. Non possiamo nemmeno escludere che simili produzioni non inneschino l’import di rifiuti da altre regioni o da altri paesi. L’altro problema è il conflitto per la terra e per l’acqua tra le colture alimentari e le colture energetiche. Il rischio è quello di Phe Non vorremo che, la proposta di coltivare biomasse facesse presa in un momento delicato per il comparto agropastorale sardo, accentuando una tendenza strisciante nelle nostre campagne e compromettendo, ancora una volta il rapporto dei sardi con la terra.

Certo è che all’Università di Sassari e Agris Sardegna, su impulso della Regione, non hanno mai smesso di studiare la possibilità di realizzare una filiera agroenergetica basata sulle canne comuni, considerate la nuova frontiera per la produzione di biometano. Fa davvero specie che in Sardegna, terra di eccellenze in cui s’importa gran parte dei prodotti necessari al nostro fabbisogno alimentare, si pensi alla coltivazione intensiva ed infestante di canne alla quale si affianca la continua richiesta di impianti estensivi per la produzione industriale di energia da fonti rinnovabili (solare ed eolico) che sottraggono ancora una volta suoli agricoli.

Nel nulla cosmico dei partiti al governo in Regione e a Roma (ma quelli all’opposizione non sono meglio) prende corpo un disegno da rifiutare in blocco.

Share with:


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *