La comitiva ottocentesca, il premier del non detto e un elettrodotto che non convince
In tanti hanno riposto le proprie aspettative nella visita istituzionale del Primo Ministro Giuseppe Conte in Sardegna: il nostro Governatore Solinas in primis, i sindacati e Confindustria a ruota e, più in generale, tutti gli sherpa che hanno trasformato la metanizzazione della Sardegna in una ragione di vita. La visita sembra però aver gelato gli animi di questa comitiva ottocentesca unita dal motto “energia=sviluppo”.
Se da un lato Conte non ha menzionato il metanodotto e ha precisato che non ha preso nessun impegno per posticipare la chiusura delle centrali a carbone al 2030, dall’altro ha pubblicamente benedetto il sistema depositi costieri – rigassificatori nelle principali aree industriali dell’Isola e l’elettrodotto Sardegna-Sicilia-Continente.
Sono queste soluzioni che non ci soddisfano. Forse l’unica che ieri sera ha brindato è Legambiente, da sempre contraria alla dorsale ma favorevole ai depositi, ai rigassificatori e all’elettrodotto.
Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda il metanodotto, al momento l’unico dato certo è che il tratto sud della dorsale ha ricevuto l’ok della Commissione Tecnica di Valutazione d’Impatto Ambientale. Vale, allora, l’antico adagio “verba volant, scripta manent”, nel senso che di scritto, al momento, c’è solo quel parere positivo, peraltro ad oggi non ancora reso pubblico. Per questo noi chiediamo una formale bocciatura del progetto o il suo ritiro da parte delle proponenti e la definitiva archiviazione del procedimento. Se questo non avviene, il quadro non cambia di un millimetro. Il premier Conte può anche snobbare la dorsale, non parlandone, ma servono atti concreti. In caso contrario c’è solo un non detto e la sua interpretazione. E noi lasciamo volentieri ad altri il compito di fare ipotesi…
In secondo luogo, a proposito dei depositi costieri, va rilevata una contraddizione. Se questo governo vuole davvero essere verde, non si può promuovere in alcun modo l’utilizzo del metano, nemmeno quando il gas proviene dai depositi costieri. Queste opere pongono, inoltre, altri problemi. E allora è bene ricordare perché il comitato No metano si è sempre opposto anche a questa soluzione. Lo facciamo attraverso delle mappe che abbiamo realizzato e che mostrano il sovradimensionamento di queste infrastrutture che nulla hanno a che fare con la fantomatica transizione energetica verso le rinnovabili.
Infine, per quanto riguarda l’elettrodotto Sardegna-Sicilia-Continente dobbiamo renderci conto del fatto che quest’ulteriore infrastruttura viene concepita essenzialmente per movimentare la conveniente energia prodotta dalle rinnovabili (che con il nuovo elettrodotto si ripresenteranno nella veste degli impattanti impianti di grandi dimensioni) e dalle nuove centrali a metano verso il Nord Italia. In questo senso, il nuovo elettrodotto non va considerato separatamente dall’intervento di potenziamento del SACOI e dal SAPEI, l’elettrodotto che collega la Sardegna al Lazio.
Spesso si sente parlare del nuovo elettrodotto in relazione al problema della sicurezza della rete, ma, come emerge nell’ultimo Piano Energetico della Regione Sardegna, i problemi di sicurezza si verificheranno se l’attesa riduzione dei consumi dell’Isola non sarà accompagnata da una riduzione della produzione (e, dunque, dell’attuale parco termoelettrico). Minori consumi a produzione invariata comportano, infatti, lo stress della rete da sovralimentazione. Necessaria, nell’ottica di un modello basato sulle rinnovabili per autoconsumo, anche la predisposizione di un’adeguata capacità di stoccaggio (in quest’ottica la Sardegna può contare sull’idroelettrico dotato di sistemi di pompaggio) per compensare intermittenza e non programmabilità delle stesse rinnovabili. Possibile anche prevedere un supporto esterno attraverso gli elettrodotti esistenti (che finora sono stati utilizzati perlopiù per esportare energia dalla Sardegna ovvero per supportare gli altri).
Queste ragioni ci inducono a dire che dobbiamo muoverci non nell’ottica di costruire infrastrutture per consentire il transito di sempre maggiori quantità di energia, ma di implementare la generazione distribuita attraverso reti di distribuzione per centri urbani e paesi, un modello, cioè, tarato sui nostri bisogni e rispettoso dell’ambiente. Proprio su questo punto auspichiamo l’apertura di una discussione collettiva.